Nel corso del 2025, le misure protezionistiche introdotte dall’amministrazione Trump hanno scosso i mercati mondiali, alimentando la corsa verso l’oro come rifugio sicuro. Dagli annunci shock dei dazi fino alle oscillazioni record del prezzo dell’oro, è possibile constatare come questi provvedimenti abbiano inciso sul valore del metallo giallo.
All’inizio di aprile 2025, il presidente Trump ha annunciato tariffe “reciproche” su buona parte delle importazioni statunitensi, con percentuali che si attestavano intorno al 20% su settori strategici. Queste misure hanno riacceso tensioni con la Cina e altri partner commerciali, riportando alla mente la fase più acuta dello scontro tariffario tra il 2018 e il 2020.
Meccanismo d’impatto sui prezzi
I dazi agiscono come una tassa sui prodotti importati, aumentando i costi per le aziende e, alla fine, per i consumatori. Questa prospettiva di rincari generalizzati e di potenziale rallentamento economico spinge gli investitori verso asset “rifugio”, ovvero strumenti considerati più sicuri in tempi di incertezza. Fra questi, l’oro è regina indiscussa.
Reazioni immediate nei mercati
Subito dopo l’annuncio del 2 aprile, il prezzo spot dell’oro ha toccato un picco di 100,38 Euro al grammo, segnando un rialzo del 40% su base annua. Tuttavia, già nei giorni successivi, un lieve ritracciamento del 5,1% ha mostrato la volatilità del mercato, con i trader pronti a vendere parte delle posizioni una volta digerita la notizia.
Statistiche e dati di mercato
Un’analisi sui principali 27 annunci tariffari dal 2018 a oggi rivela che, mediamente, nei tre giorni successivi a ogni dichiarazione i prezzi dell’oro schizzano in media dell’1,8% e restano elevati per circa 22 sedute di borsa. Questa correlazione statistica sottolinea la natura difensiva del metallo giallo, sempre pronto a prendere il volo di fronte a nuove tensioni commerciali.
Andamento 2025: record e correzioni
Ad aprile 2025 l’oro ha toccato un massimo storico di 102,84 Euro al grammo, guadagnando il 28% rispetto al minimo di 80,38 Euro al grammo segnato lo scorso novembre. La performance è stata sostenuta anche dal timore di un rallentamento globale, mentre solo pochi giorni dopo una tregua negoziale ha provocato una flessione fino a 101,65 Euro al grammo, in calo del 2% in un solo giorno.
L’incremento dell’oro del 28% su base annua spicca per solidità, confermando il suo ruolo di “ancora” in acque tempestose.
Fattori valutari e politiche monetarie
Le mosse della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea hanno giocato un ruolo chiave. Tassi d’interesse moderatamente più alti avrebbero potuto penalizzare l’oro, ma l’inflazione persistente ha mantenuto i tassi reali sotto zero, rendendo l’oro ancora più appetibile. Inoltre, le centrali di Russia, Turchia e India hanno aumentato le loro riserve auree per ridurre la dipendenza dal dollaro.
Implicazioni future e scenari
Se la guerra commerciale dovesse proseguire o intensificarsi, l’oro potrebbe continuare a viaggiare su livelli elevati. Al contrario, un accordo stabile e duraturo Usa-Cina potrebbe innescare un parziale rimbalzo al ribasso, pur mantenendo prezzi più alti rispetto al periodo pre-tensioni. In ogni caso, la memoria degli investitori rammenta l’effetto “toothpaste”: una volta fuori dal tubo, non torna mai più perfettamente indietro.
Le politiche sui dazi di Trump hanno dimostrato come le decisioni politiche in ambito commerciale possano influenzare in modo diretto e rapido anche il prezzo dei beni rifugio. L’oro, grazie alla sua storia millenaria, ha ancora una volta brillato nel momento del bisogno, confermandosi un pilastro di stabilità in un mondo sempre più incerto.